lunedì 14 marzo 2011

Notizie - Disturbo ossessivo-compulsivo, L'appello della Onlus "Fuori dalla Rete"

Posto un articolo molto interessante da: http://www.aipsimed.org/






"Quelle piccole manie quotidiane che tradiscono l'ansia del domani". Appello dell'associazione «Fuori dalla rete»: "servono fondi per la ricerca". Intervista all'esperta prof.ssa Laura Bellodi direttrice del centro disturbi d'ansia del San Raffaele
(di Nicola Palma, Il Giorno) 

MILANO. Piccoli gesti ripetuti all'infinito. Gesti rituali per esorcizzare la paura del futuro. O semplicemente per farsi forza in una situazione di difficoltà. «È la necessità di avere tutto sotto controllo. Sempre e in ogni occasione». Molti medici tendono a minimizzarne gli effetti, chi ne è affetto fatica a riconoscersi «malato». Sì, perché di patologia si tratta. E ha anche un nome: disturbo ossessivo compulsivo. Difficile parlare di casistica e di «manie» più diffuse, visto che, racconta chi le ha vissute sulla propria pelle, «ce ne sono tante quanti sono i pazienti». Per capirne di più, è nata un paio d'anni fa «Fuori dalla rete», una onlus che mira a raccogliere fondi per la ricerca, sensibilizzare l'opinione pubblica e fornire assistenza diretta. «Serve un approccio diverso all'argomento - sostiene l'avvocato Mimosa Viglietti, vicepresidente dell'associazione -. La gente deve capire che i disturbi mentali sono importanti tanto quanto quelli fisici». L'obiettivo è quello di portare a termine una sorta di «rivoluzione culturale» e diventare un punto di riferimento riconoscibile. INFATTI, capita non di rado che le famiglie dei pazienti non riescano a trovare referenti qualificati: «Ad oggi - argomenta Laura Bellodi, direttrice del centro disturbi d'ansia del San Raffaele e numero uno del comitato scientifico - gli strumenti disponibili per la diagnosi tempestiva e l'attuazione delle necessarie strategie terapeutiche sono insufficienti per il 30% dei pazienti». Eppure, l'incidenza è molto più elevata rispetto ad altre patologie ben più conosciute e studiate: «Stiamo parlando dell'1% della popolazione - continua Bellodi -. E la percentuale si riferisce solo ai casi clinici».
Sono i soggetti «costretti dalla malattia a mettere in atto azioni esagerate o assurde». Azioni talvolta banalizzate o sminuite dalle rivelazioni divertite di qualche personaggio famoso, che confessa col sorriso di lavare le mani decine di volte al giorno, senza un motivo valido. Quella, però, è solo la punta di un iceberg ben più consistente, fatto di comportamenti che «ti impediscono di intrattenere serenamente qualsiasi relazione in ambito affettivo o lavorativo». Insomma, ti rovinano la vita. «Le cure esistono - chiosa la dottoressa Bellodi - e portano anche a risultati apprezzabili». Tuttavia, il primo passaggio, quello fondamentale, riguarda la presa di coscienza da parte del paziente: «Inevitabile provare vergogna - dice ancora Mimosa Viglietti -. D'altro canto, se non se ne parla con nessuno è difficile che il problema venga fuori». Discorso diverso per i disturbi del comportamento alimentare: in questo caso, i riflettori si sono accesi da anni, in particolare su anoressia e bulimia, «anche perché i segni sono ben visibili sul corpo di chi ne è affetto». E GLI ALTRI? Devono farsi forza, magari con il sostegno di parenti e amici, e chiedere aiuto a una struttura specializzata. Scopriranno di avere «aree cerebrali iperfunzionanti», in particolare la corteccia orbito-frontale, il giro del cingolo e il corpo striato. E che i loro disturbi, in molti casi scatenati da situazioni di particolare stress, hanno comunque «una matrice ereditaria». Una volta individuata la patologia, si passa alle cure, su due livelli differenti: «Innanzitutto - continua Bellodi - farmaci per riequilibrare il funzionamento dei circuiti elettrici». E «terapie psicologiche di tipo cognitivo-comportamentali». Di questo si parlerà stasera a Palazzo Visconti: gli animatori di «Fuori dalla rete» hanno organizzato un incontro sui disturbi ossessivo compulsivi, durante il quale gli interventi dei medici saranno inframezzate dai racconti dei pazienti. «La cosa fondamentale è uscire allo scoperto e accettare la propria condizione - conclude Viglietti -. La nostra associazione è ancora agli inizi ma possiamo contare sull'esperienza della statunitense Ocd Foudation, che è riuscita a finanziare importanti progetti di ricerca: ci riusciremo anche noi».
Il Giorno, Ed. Milano

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